Precious

Precious
Precious (Push), 1996, Sapphire

Quando lessi le prime righe di Precious, l’opera prima della scrittrice Sapphire, non avrei creduto di riuscire a procedere oltre. Precious, titolo che si rifà al soprannome della protagonista, è un testo completamente sgrammaticato, pieno di errori sintattici, scritto come si esprimerebbe un bambino di sei anni, o meno.

Sono proprio i sei anni l’età in cui la piccola Precious confinò il libro, la bambola, la corda, la propria testa, il proprio io, giù, nel più assoluto silenzio, in fondo all’aula di prima elementare. Fu lì che smise di vivere e iniziò a sopravvivere e a ingozzarsi di cibo, trascinandosi il peso dei ripetuti abusi sessuali del padre e delle percosse della madre.

In una delle tante drammatiche scene, che si susseguono vere e forti come cazzotti nello stomaco, Precious incinta del padre, prossima al parto, si rialza a fatica, livida e sanguinante, dopo le percosse della madre, per preparare la cena come se nulla fosse successo…

“Mangiò guardando l’unto che colava dal mento di sua madre. Mangiò guardandola mentre afferrava con le mani un intero zampetto di maiale, poi guardando se stessa fare la stessa cosa sentì la carne grassa esploderle in bocca con il suo gusto salato, e la pasta con il formaggio, e le verdure. Mangiò metodicamente, con accanimento, passando dalla carne ai maccheroni, alle verdure, alle frittelle. Il dolore violaceo alla schiena e alle spalle non spariva, e nemmeno quello acuto e lancinante che saliva dal collo, ma gliene importava meno. Si sentiva come se stesse annegando, nel momento in cui l’acqua ha riempito i polmoni, e non si lotta più per cercare l’aria e alla morte non manca che un secondo”

L’obesità di Precious è lo specchio di un degrado sociale e culturale. La sua storia dà voce alle periferie di tutto il mondo.

Quello di Precious, però, è anche un lento percorso di rinascita per acquistare voce e dignità. Una crescita che la porterà ormai adulta, a sapersi prendere cura dei suoi figli–fratelli, a imparare a leggere, a scrivere, ad iniziare a comporre poesie.

“Colle lettere si fanno le parole. Colle parole tutto“

(Dal libro è stato tratto l’omonimo film per la regia di Lee Daniels)

Articolo originariamente pubblicato su La Scuola di Ancel l’8 Settembre 2011

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *